MUTUI

 

Due mutui su tre sono nulli: E non è un pretesto

per attirare l'attenzione di tutti coloro

che hanno sottoscritto contratti di mutuo!!!

 

Infatti dal 2003 fino ad oggi, possono presentarsi diverse situazioni ben distinte e definite che rendono nullo il contratto di finanziamento/mutuo:

Alcune cause di nullità:

Mutui sottoscritti per estinguere scoperti di conto corrente:
La mancata indicazione nel contratto di mutuo di dati essenziali:
Mutui che superano il limite di finanziabilità, ecc.....

 

La nullità del contratto di mutuo determina, la nullità di ogni pattuizione allo stesso collegato come, ad esempio, gli interessi, le spese a qualunque titolo percepite (escluso quelle notarili) ed, anche tutte le garanzie rilasciate (compreso la fideiussione)

 

La nostra struttura è in grado di effettuare verifiche e analisi preventive,  e dare i migliori suggerimenti su come agire nei confronti delle banche.

 

 

1) Mutuo fondiario, nullo il contratto che non rispetta limite di finanziabilità

Per la Cassazione civile (ordinanza n. 1193/2020) tale superamento comporta la nullità assoluta costituendo un confine inderogabile all'autonomia privata

Per la Cassazione, sezione I civile, ordinanza 13 novembre 2019-21 gennaio 2020, n. 1193 (testo in calce) il limite di finanziabilità ex art. 38, secondo comma TULB, è elemento essenziale del contenuto del contratto ed il suo mancato rispetto determina la nullità del contratto stesso, costituendo un limite inderogabile all'autonomia privata in ragione della natura pubblica dell'interesse tutelato, volto a regolare il quantum della prestazione creditizia al fine di favorire la mobilizzazione della proprietà immobiliare e agevolare e sostenere l'attività di impresa.

È errato il provvedimento che definisce l’opposizione allo stato passivo ove una Banca è stata ammessa in parte in chirografo ed in parte con il privilegio ipotecario in virtù di finanziamento fondiario: il Tribunale avrebbe dovuto accertare il detto limite di finanziabilità riguardo al valore cauzionale corrente del complesso immobiliare in proporzione alla somma effettivamente erogata.

Con la sentenza 21 gennaio 2020 n. 1193 (testo in calce) la Suprema Corte di Cassazione, sez. I civile, torna a pronunciarsi in materia di superamento del limite di finanziabilità del mutuo fondiario.

Per poter comprendere la vexata questio occorre fare una premessa in merito alla disciplina del credito fondiario, che è uno speciale finanziamento con il quale il legislatore ha previsto delle finalità sociali non disponibili e quindi non derogabili dalla autonomia della parti, al fine di giungere alla realizzazione di molteplici interessi pubblici, (cfr. Cass. 9219/1995) che di seguito si indicano:

1.     l'esigenza di recuperare le somme erogate nel più breve tempo possibile;

2.     consentire il rispetto integrale del contratto anche dopo la risoluzione dello stesso, riconoscendo il diritto potestativo al terzo che partecipa alla vendita forzata di subentrare nel contratto risolto senza l’autorizzazione del Giudice ed il consenso del creditore (cfr art.41 V comma TUB);

3.     tutela del debitore da eventuali rischi espoliativi. (cfr. CA Venezia, sent n. 2660 del 25 maggio).

L’art. 38 (TULB) e la delibera CICR di attuazione del 22.04.1995 hanno elevato il limite nel seguente modo:

A. fino all’80% del valore dei beni ipotecati o del costo delle opere da eseguire sugli stessi;

B. fino al 100%, qualora vengano prestate garanzie integrative.

L’ordinamento europeo ha poi disciplinato il fattore di ponderazione per la determinazione del limite di finanziabilità per tutti i crediti ipotecari, definendo i requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento con i seguenti provvedimenti:

a) DIRETTIVA 2000/12/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 20 marzo 2000;

b) DIRETTIVA 2006/48/CE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 14 giugno 2006;

c) REGOLAMENTO (UE) N. 575/2013 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 26 giugno 2013.

La normativa pone come elemento fondante ai fini del superamento del limite di finanziabilità il Mortgage Lending Value (MLV) che deve essere individuato nel valore cauzionale effettivo dell’immobile, inteso, nella prospettiva futura dell’eventuale inadempimento del cliente in caso di mancata restituzione del prestito e della conseguente necessità di realizzo forzoso, come netto realizzo in sede di vendita giudiziale, e non già nel prezzo pattuito tra le parti, secondo il prudente apprezzamento della futura negoziabilità, tenuto conto degli aspetti durevoli a lungo termine e delle condizioni del mercato, dell’uso corrente e dei suoi appropriati usi alternativi, senza riferimento né al valore di mercato in un determinato momento, né a considerazioni speculative.

I principali vantaggi per le parti di un rapporto fondiario sono i seguenti:

Per il creditore

Ai fini dell'iscrizione ipotecaria le banche possono eleggere domicilio presso la propria sede (art. 39 TULB, primo comma).

In ipotesi di stipulazione del contratto e l'erogazione del denaro formano oggetto di atti separati, l'annotazione dell'avvenuto pagamento e dell'eventuale variazione degli interessi convenuta dalle parti; in tal caso l'ipoteca iscritta fa collocare nello stesso grado gli interessi nella misura risultante dall'annotazione stessa (art. 39 TULB, secondo comma).

Consolidamento dell’ipoteca dopo dieci giorni dall’iscrizione (art. 39 TULB, quarto comma).

Esenzione dall’azione revocatoria fallimentare per i pagamenti eseguiti (art. 39 TULB, quarto comma).

Esenzione dalla notifica del titolo esecutivo per l’avvio di una procedura esecutiva (art.41 TULB, primo comma).

Possibilità di procedere esecutivamente in costanza di fallimento (art. 41 TULB, secondo comma).

Diritto ad incassare le rendite dei beni immobili sottoposti ad esecuzione, sequestro e procedura fallimentare (art. 41 TULB, terzo comma).

Possibilità di ottenere l’assegnazione diretta del ricavato della vendita forzata (art. 41 TULB, quarto comma).

Per il debitore

Certificazione della banca sul valore dell’immobile (art.38 TULB, secondo comma).

Diritto alla riduzione proporzionale dell’ipoteca in caso di pagamento della quinta parte del debito originario (art.39 TULB, quinto comma).

Diritto alla liberazione parziale dei beni ipotecati quando, dai documenti prodotti o da perizie, risulti che per le somme ancora dovute i rimanenti beni vincolati costituiscono una garanzia sufficiente (art.39 TULB, quinto comma).

Diritto al frazionamento dell’ipoteca in caso di edificio o complesso condominiale per il quale può ottenersi l'accatastamento delle singole porzioni che lo costituiscono (art.39 TULB, sesto comma).

Riduzione dell’onorario dovuto al Notaio per la stipula del contratto (art.39 TULB, settimo comma).

Procedimento semplificato per la cancellazione dell’ipoteca (art.40-bis TULB).

Possibilità di rimanere moroso per 7 rate anche non consecutive (art.40 TULB, secondo comma).

Per il terzo aggiudicatario

Facoltà dell’aggiudicatario in un procedimento espropriativo di subentrare, senza autorizzazione del giudice dell'esecuzione e senza il consenso del creditore fondiario, nel contratto di finanziamento pagando alla banca le rate scadute, gli accessori e le spese entro 15 giorni dalla data dell'aggiudicazione (art. 41 TULB, quinto comma).

Il caso deciso dalla Corte

La Corte ribadisce (conformi (1) Cass. 13 luglio 2017, n. 17352 (2) Cass. 16 marzo 2018, n. 6586; (3) Cass. 12 aprile 2018, n. 9079 (4) Cass. 9 maggio 2018, n. 11201 (5) Cass. 11 maggio 2018, n. 11543 (6) Cass. 28 maggio 2018, n. 13285 (7) Cass. 28 maggio 2018, n. 13286 (8) Cass. 3 ottobre 2018, n. 24138 (9) Cass. 24 settembre 2018, n. 22459 (10) Cass. 19 novembre 2018, n. 29745 (11) Cass. 28 giugno 2019, n. 17439 (12) Cass. 27 novembre 2019, n. 31057) che il mancato rispetto del limite di finanziabilità comporta in via diretta la nullità dell'intero contratto.

La decisione della Corte è particolarmente rilevante atteso che il fallimento ha impugnato il decreto di ammissione ottenuto da un creditore che aveva proposto opposizione allo stato passivo ex art. 98 lf in relazione a un credito di € 5.574.724,65 derivante da un contratto di mutuo fondiario garantito da ipoteca, ritenuto dal giudice delegato nullo, revocabile e comunque inopponibile alla massa; nella resistenza della curatela l'adito Tribunale di Marsala, rilevando che il mutuo era stato parzialmente utilizzato per estinguere un debito anteriore, così essendosi sostituita l'esposizione chirografaria pregressa con un credito a lungo termine garantito da ipoteca, dichiarava e riteneva inefficace l'ipoteca nella parte afferente, accoglieva l'opposizione, ammetteva al chirografo il credito derivante dal mutuo per la detta parte e con la prelazione ipotecaria per il residuo (di € 2.579.453,96).

Avverso tale provvedimento la curatela ha proposto ricorso per cassazione sulla base di vari motivi, tra i quali la violazione o falsa applicazione degli artt. 1418, primo comma, cod. civ. e 38 TULB, per essere stato stipulato un mutuo oltre il limite di finanziabilità previsto dalla normativa di settore (delibera CICR 22.04.1995) con conseguente illiceità dell'oggetto del contratto di mutuo.

La Corte ha ritenuto di accogliere il ricorso del fallimento nella parte in cui il Tribunale aveva erroneamente ritenuto che la disciplina della ex art. 38, TULB potesse configurarsi come norma di buona condotta e non di ordine pubblico sull'essenziale rilievo che la disciplina richiamata non è volta a tutelare interessi ulteriori estesi al regolare andamento dell'economia, o a tutelare la libera iniziativa imprenditoriale.

La Corte ha ribadito il limite di finanziabilità ex art. 38, TULB è elemento essenziale del contenuto del contratto, confermando l’interpretazione vigente, in quanto posta a tutela dell’ordine pubblico e come tale inderogabile dall’autonomia delle parti, in quanto la somma erogata deve essere sempre proporzionata rispetto valore corrente del complesso immobiliare.

 La decisione consolida sempre di più l’interpretazione della normativa secondo la quale il mutuo è illecito e come tale nullo nella sua interezza (e non per la sola eccedenza) in caso di mancato rispetto della disciplina di ordine pubblico.

 

2 )Vendita dell'immobile del fideiussore va sospesa se il mutuo è usurario

Tribunale, Brindisi, giudice dell'esecuzione, ordinanza 01/03/2018

La banca concedeva il mutuo ad una società richiedendo non solo l'ipoteca di primo grado sull'immobile della medesima società, ma anche la fideiussione dell'amministratore e del coniuge, terzo datore di ipoteca. A seguito del mancato pagamento di alcune rate, la banca avviava  due diverse  procedure di pignoramento, una nei confronti del mutuatario e l'altra contro il coniuge  dell'amministratore, che aveva garantito il mutuo ipotecando la casa di abitazione.

Dall'analisi del contratto di mutuo venivano ad emergere alcune anomalie contrattuali tali da essere ricondotte nell'alveo dell'usura bancaria. Pertanto, sia la società che il terzo, nelle rispettive procedure, eccepivano l'usurarietà del rapporto, chiedendo la sospensione della procedura.

Il Tribunale di Brindisi, in persona del giudice Liaci, richiamando i principi già fissati dal Tribunale in composizione collegiale in sede di reclamo proposto dal mutuatario, ha sospeso la procedura esecutiva con la quale la Banca aveva pignorato l'abitazione del  terzo datore di ipoteca e garante della società che aveva ricevuto il prestito.

L'ordinanza, resa il primo marzo 2018, ha ribadito che, “l'interesse di mora va calcolato al fine del superamento del tasso soglia e nel caso di superamento non è dovuto alcun interesse sicché quanto pagato dal mutuatario va imputato integralmente al capitale da restituire”Acquista ora

In virtù di detto principio, il Tribunale ha ritenuto che il mutuatario, all'epoca del precetto,  non fosse  inadempiente e, pertanto,  ha accolto  l'istanza di sospensiva avanzata dal fideiussore precisando  di non  condividere “ il criterio invocato dalla Banca che nel computo della soglia rispetto agli interessi di mora invoca una maggiorazione del 2,1%, trattandosi di criterio che non trova alcun referente positivo, avendo il legislatore delineato precisamente il criterio di computo del tasso soglia”.

Il Tribunale ha  così  disatteso  i chiarimenti  del 3 luglio 2013 con i quali la Banca d'Italia, aveva affermato che “Per evitare il confronto tra tassi disomogenei (TEG applicato al singolo cliente, comprensivo della mora effettivamente pagata, e tasso soglia che esclude la mora), i Decreti trimestrali riportano i risultati di un’indagine per cui “la maggiorazione stabilita contrattualmente per i casi di ritardato pagamento è mediamente pari a 2,1 punti percentuali. In assenza di una previsione legislativa che determini una specifica soglia in presenza di interessi moratori, la Banca d’Italia adotta, nei suoi controlli sulle procedure degli intermediari, il criterio in base al quale i TEG medi pubblicati sono aumentati di 2,1 punti per poi determinare la soglia su tale importo (cfr. paragrafo 1)”.

 La comparazione, ai fini dell'accertamento dell'usurarietà, va dunque condotta tra il TEG (il costo promesso e quindi comprensivo di spese, oneri, remunerazioni  ed interessi) e il tasso soglia  pubblicato dai vari decreti ministeriali, senza che tale tasso soglia possa essere modificato come sostenuto dalla Banca d'Italia.

3) Mutuo di scopo nullo se somme sono impiegate diversamente

Decisiva la deviazione dell'atto dallo scopo cui l'attribuzione delle somme era stata preordinata (Cassazione, ordinanza n. 26770/2019)

Il contratto di mutuo di scopo è affetto da nullità, se si verifica la deviazione dalla finalità a cui l'attribuzione delle somme era preordinata e che rientrava nella causa concreta del contratto. Pertanto, è nullo il mutuo di scopo, stipulato per acquistare un immobile, nel caso in cui il mutuatario impieghi la provvista per ripianare la propria esposizione debitoria nei confronti di altri istituti di credito, tra cui la banca mutuante, facente parte del medesimo gruppo bancario.

Così ha deciso la Corte di Cassazione con l’ordinanza del 21 ottobre 2019, n. 26770 (testo in calce).

Sommario

La vicenda

In una procedura fallimentare, un istituto di credito proponeva opposizione (ex art. 98 R.D. 267/1942) avverso il decreto con cui il giudice delegato rigettava la domanda di insinuazione, in via privilegiata, al passivo del fallimento. La banca, infatti, godeva di un titolo esecutivo, rappresentato da un mutuo di scopo stipulato con il debitore. Tuttavia, in primo e secondo grado, veniva dichiarata la nullità del titolo, giacché le somme mutuate avevano avuto una destinazione diversa dallo scopo del contratto. In particolare, erano state impiegate per ripianare la posizione debitoria verso altri istituti di credito, facenti parte del gruppo societario del mutuante. La questione giunge al vaglio del Supremo Consesso, che si trova ad esaminare la questione della validità o meno del contratto di mutuo di scopo.

Prima di analizzare le argomentazioni spese dai giudici di legittimità, ricordiamo brevemente cosa sia il mutuo di scopo.

Cosa s’intende per mutuo di scopo

In linea generale, il mutuo (art. 1813 c.c.) è il contratto con cui una parte (mutuante) consegna all’altra (mutuatario) una somma di danaro (è l’ipotesi più frequente) e il mutuatario si obbliga a restituirlo, maggiorato dagli interessi (mutuo a titolo oneroso).

Il mutuo di scopo rappresenta un tipo particolare di mutuo, in cui l’importo è fornito per il perseguimento di una finalità determinata:

·         stabilita dalla legge, nel caso di mutuo di scopo legale (si pensi ai finanziamenti agevolati);

·         concordata tra le parti, nel caso di mutuo di scopo convenzionale (cosiddetto “mutuo atipico” Cass. 7773/2003; Cass. 25180/2007)

Pertanto, il mutuatario, titolare delle somme mutuate, è strettamente legato al loro impiego per il raggiungimento della finalità dedotta in contratto, ad esempio, all’acquisto di un bene immobile o al finanziamento di un’attività commerciale. Lo scopo perseguito è espressamente inserito nel sinallagma contrattuale. «La presenza dell'obbligazione di destinazione contrassegna il negozio, in quanto la funzione economica e sociale di esso non si esaurisce nel godimento del danaro (e nel susseguente obbligo di restituzione), ma implica la realizzazione del risultato economico ultimo, rispetto al quale il godimento rappresenta un momento strumentale» (Cass. S.U. 13046/1997; Cass. 25793/2015). Il vincolo del mutuatario è talmente forte da connotare la causa concreta del contratto, tanto che, come vedremo, la sua inosservanza ne determina la nullità. (Cass. 15929/2018; Cass. 24699/2017; Cass. 25793/2015).

Differenza tra il mutuo ordinario e il mutuo di scopo

La figura del contratto di mutuo di scopo è autonoma e distinta da quella del mutuo in senso proprio, in quanto rappresenta un contratto atipico che assolve, in modo analogo all'apertura di credito, una funzione creditizia (Cass. 25180/2007). Quindi, le due tipologie contrattuali divergono:

a) sotto il profilo strutturale

·         nel contratto di mutuo, il mutuatario si impegna a restituire al mutuante la somma di denaro, comprensiva di interessi (mutuo a titolo oneroso);

·         nel mutuo di scopo, oltre alla restituzione dell’importo, il contraente è tenuto anche ad adempiere la finalità perseguita (ad esempio, l’acquisto di un cespite, come nel caso della sentenza in commento);

b) sotto il profilo causale

·         nel mutuo ordinario (a titolo oneroso) la causa del contratto risiede nella consegna del denaro, e nel corrispettivo che il mutuatario corrisponde sotto forma di interessi;

·         nel mutuo di scopo, il perseguimento dell’obiettivo dedotto in contratto fa parte della causa dello stesso, pertanto assume un rilievo essenziale;

c) sotto il profilo della qualificazione giuridica:

·         il mutuo ordinario è un contratto reale, che si perfeziona con la consegna della somma di denaro (la cosiddetta traditio);

·         il mutuo di scopo è un contratto consensuale, che si perfeziona con la manifestazione del consenso da parte dei contraenti; la consegna della somma rappresenta l’oggetto dell’obbligazione e non un elemento costitutivo.

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Il collegamento negoziale tra i contratti

Come ricordato, nel mutuo di scopo, la consegna dell’importo mutuato non rappresenta un elemento costitutivo della fattispecie, ma integra l’obbligazione principale del mutuante. Solitamente, al contratto di mutuo ne segue un altro, infatti, si concludono due contratti:

·         il contratto tra mutuante e mutuatario;

·         il contratto tra il mutuatario e chi offre il bene o il servizio necessario a raggiungere lo scopo contrattuale.

Pertanto, tra i due negozi sussiste un legame (collegamento negoziale), perché il primo è concepito, funzionalmente e teleologicamente, come collegato con il secondo; ne consegue che le vicende che investono un contratto possono ripercuotersi sull'altro. In altre parole, il collegamento negoziale è il meccanismo attraverso il quale le parti perseguono un risultato economico complesso, come prendere a prestito una somma (mutuo) per acquistare un bene (compravendita), mediante l’impiego di una pluralità di contratti (mutuo e vendita), ciascuno con una causa autonoma, ma collegati tra loro. L’ipotesi più ricorrente riguarda la conclusione del mutuo per l’acquisto di un immobile; in tal caso, il contratto di mutuo è collegato a quello di compravendita, tanto che se quest’ultimo viene risolto, il mutuante ha titolo per ottenere la restituzione dell’importo mutuato direttamente al venditore e non al mutuatario (Cass. 12454/2012).

Clausola di destinazione e patto di distrazione

Abbiamo detto che il mutuo di scopo persegue una finalità, ma quale?

Le parti sono liberare di stabilire lo scopo che intendono perseguire; all’interno del regolamento contrattuale viene inserita la cosiddetta clausola di destinazione, che specifica l’impiego della somma mutuata. La suddetta clausola deve incidere sulla causa del contratto e coinvolgere direttamente anche l'interesse dell'istituto finanziatore (ossia il mutuante). A tal fine, bisogna distinguere due ipotesi:

·         se la destinazione delle somme erogate è nell’esclusivo interesse del mutuatario, si ha mutuo ordinario (infatti, si realizza una semplice esteriorizzazione dei motivi, i quali non incidono sulla causa del contratto e non modificano il tipo negoziale);

·         viceversa, se la finalità perseguita coinvolge anche il mutuante, si rientra nello schema del mutuo di scopo.

Ciò premesso, il mancato perseguimento della finalità dedotta in contratto ne causa la nullità. Il contratto è invalido solo nell’ipotesi in cui la destinazione non venga rispettata, è irrilevante il momento della sua attuazione (Cass. 15929/2018). A tal proposito, si segnala la nullità del patto di distrazione, ossia dell’accordo per cui la provvista venga impiegata per finalità diverse rispetto allo scopo apparente; ad esempio, non per acquistare la casa o ristrutturarla (finalità apparente), ma per ripianare i debiti del mutuatario verso il mutuante (finalità reale). La nullità del patto si estende al contratto di mutuo.

La nullità per mancanza di causa

Veniamo ora al cuore della decisione.

La Cassazione ribadisce che la nullità per mancanza di causa sussiste solo se la destinazione contrattuale non venga rispettata.

Infatti, dal momento che la somma viene erogata in vista della sua utilizzazione esclusiva per lo scopo convenuto, si deve escludere che i contraenti possano convenzionalmente destinarla in modo diverso, ad esempio, per estinguere delle pregresse passività del mutuatario (come si è verificato nella fattispecie in esame). In buona sostanza, quando il mutuo di scopo sia stato stipulato con l'accordo, tra l'istituto di credito e il mutuatario, dell’impiego della provvista per una diversa finalità, come quella di estinguere debiti pregressi del mutuatario verso l’istituto mutuante:

·         il contratto è nullo,

·         la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse (Cass. 24699/2017).

Insinuazione nel passivo da parte della banca mutuante

Nel caso oggetto di scrutinio, la banca munita di titolo esecutivo – ossia del contratto di mutuo – vuole insinuarsi nel passivo della procedura fallimentare. Ebbene, per la giurisprudenza «il soggetto che ha erogato un mutuo di scopo, ove intenda insinuarsi al passivo del mutuatario nell'ambito della relativa procedura concorsuale di insolvenza, è tenuto a dare dimostrazione dei fatti costitutivi del proprio diritto, che sono costituiti:

·         dall'avvenuta stipula del contratto di mutuo e

·         dall'adempimento della specifica obbligazione di procurare al mutuatario i mezzi economici destinati a realizzare l'obiettivo in vista del quale l'erogazione del denaro ha avuto luogo» (Cass. 15929/2018).

La banca ha allegato l’esistenza del mutuo, nondimeno i giudici hanno ritenuto la nullità del titolo azionato per le ragioni sopra esposte, anche in considerazione del fatto che la ricorrente non ha contestato la qualificazione del mutuo in parola come "mutuo di scopo".

Conclusioni

Con la sentenza in commento, la Suprema Corte ribadisce la propria giurisprudenza in materia di mutuo di scopo. I giudici di legittimità ricordano come, nel contratto in parola, sia rilevante la deviazione dallo scopo cui l'attribuzione delle somme è stata preordinata; infatti, la suddetta finalità rientra nella causa concreta del contratto. In particolare, nella fattispecie in esame, è irrilevante il fatto che le somme non siano state destinate a ripianare l'esposizione debitoria del debitore verso la banca mutuante, ma nei confronti di altri istituti di credito: ciò che importa è l'oggettiva deviazione dallo scopo. Inoltre, l’istituto di credito mutuante non ha allegato la prova dell’avvenuto pagamento del bene immobile (a cui il mutuo era diretto). In conclusione, il contratto di mutuo è nullo in caso di «deviazione della causa concreta del contratto da quella del mutuo di scopo, come dimostrato dal fatto che la mutuataria non aveva acquistato il cespite per cui era stato erogato il mutuo e che, come desumibile dall'estratto conto della debitrice, il relativo importo era stato concretamente utilizzato per estinguere pregresse esposizioni debitorie».

 

4) Contratto di mutuo condizionato inidoneo come titolo esecutivo

Tribunale, Tivoli, ordinanza 05/04/2019

Il contratto di mutuo condizionato, pur recando la forma dell’atto pubblico, è inidoneo ad assumere l’efficacia di titolo esecutivo, giacché non documenta un credito dotato dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità richiesti dall’art. 474 c.p.c.

E' quanto stabilito dal Tribunale di Tivoli con ordinanza 5 aprile 2019.

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A norma dell’art. 1813 c.c. il mutuo è un contratto reale, un contratto cioè la cui peculiarità è quella di perfezionarsi con la datio rei, e non per l’effetto del mero consenso espresso dalle parti nei modi di legge.

Al fine di accertare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo, infatti, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., occorre verificare se contenga pattuizioni volte a trasmettere con immediatezza la disponibilità giuridica della somma mutuata e che entrambi gli atti, di mutuo e di erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge.

Sebbene la giurisprudenza abbia tradizionalmente considerato idonea qualunque forma di consegna capace di determinare il conseguimento della disponibilità giuridica della somma oggetto del mutuo in capo al destinatario, affinché il contratto di mutuo possa dirsi validamente perfezionato il mutuatario deve poter compiere atti di autonomia privata, dispositivi degli importi ricevuti. Allorquando manchi la suddetta libertà, invero, non può dirsi raggiunta la disponibilità giuridica della somma.Acquista ora!

Qualora il contratto di mutuo, dunque, preveda che la somma mutuata sia rimasta indisponibile in deposito cauzionale presso la banca mutuante sino al verificarsi di condizioni future e incerte, rimesse alla volontà della parte mutuataria, siffatto contratto, che per definizione dovrebbe essere reale, diventa in realtà un contratto condizionato e, pertanto, difetta della immediata consegna del denaro dal mutuante al mutuatario, posticipando necessariamente ad un momento futuro e incerto il perfezionamento negoziale.

Il contratto di mutuo condizionato risulta, quindi, inidoneo ad essere impiegato come titolo esecutivo dal mutuante, atteso che, nonostante sia stato stipulato con atto notarile, difetta dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità di cui all’art. 474 c.p.c. e, pertanto, in tali casi deve necessariamente essere disposta la sospensione dell’esecuzione, ricorrendo i gravi motivi previsti dall’art. 624 c.p.c.

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